TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
Sezione IX CIVILE
SPECIALIZZATA IN MATERIA DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE ED INTELLETTUALE
Composta da:
Dott. Umberto Scotti Presidente
Dott.ssa Gabriella Ratti Giudice Relatore
Dott.ssa Silvia Orlando Giudice
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Nei procedimenti riuniti ex art. 669 terdecies c.p.c., promossi da:
C.C.V. s.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv. F. Jacobacci e N. Galizia;
Parte reclamante e resistente
CONTRO
N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a., rappresentate e difese dagli Avv. M. Mostardini, G. Galimberti, E. Bandera, L. Brugioni e V. Palladino;
Parte reclamante e resistente
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
I. Con ricorso ex artt. 129, 131 e 700 c.p.c., le società N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a. appartenenti al Gruppo Nestlè, hanno agito in via cautelare nei confronti di C.C.V. s.p.a. lamentando una serie di condotte interferenti con le proprie privative (brevetti e marchio), concorrenzialmente illecite (artt. 2598, nn. 2 e 3 c.c.) e contrarie alle norme sulla pubblicità comparativa di cui al d. Igs. 2007 n. 145. Per quanto concerne le privative brevettuali e premesso che N. s.a. è titolare di EP 2181629 Bl (di seguito EP 629) avente ad oggetto lestrazione di una capsula di EP 2103236 Bl (di seguito EP 236) concernente un dispositivo per sottoporre ad estrazione una capsula e di EP 2205133 81 (di seguito EP 133) concernente un gruppo di infusione di bevande e che N.I. s.p.a. ne è licenziataria esclusiva per lItalia le società del Gruppo Nestlè hanno fatto presente che C.C.V. s.p.a. ha messo in commercio una capsula avente caratteristiche tecniche e funzionali rientranti nellambito di protezione di EP 629, EP 236 e EP 133 e di cui pubblicizza la compatibilità con le macchine Nespresso e hanno lamentato la contraffazione diretta della capsula e la contraffazione indiretta del sistema capsula-macchina protetto dalle privative. Per quanto concerne i diritti di marchio e premesso che S.P.N. s.a. è titolare di marchi denominativi e figurativi Nespresso e che N.I. s.p.a. ne è licenziataria esclusiva per lItalia le società del gruppo Nestlè hanno sostenuto, da un lato, che lutilizzo del segno Èspresso da parte di C.C.V. s.p.a. interferisce con il proprio segno in quanto Io riproduce pressoché integralmente e, dallaltro, che luso fatto da C.C.V. s.p.a. per pubblicizzare le proprie capsule del marchio Nespresso (Le capsule sono compatìbili con le macchine da caffè Nespresso) travalica i limiti previsti dallart. 21 c.p.i. Quanto sopra, sempre secondo la prospettazione delle società dei Gruppo Nestlè, oltre ad Integrare concorrenza sleale ex art. 2598 nn. 2 e 3 c.c. costituisce anche violazione dellart. 4 del d.lgs. n. 145/2007. Infatti la campagna pubblicitaria delle capsule da caffè di Vergnano incentrata sulla compatibilità delle capsule Vergano con le macchine da caffè Nespresso si risolve anche in una indebita comparazione con le capsule da caffè Nestlè: da un lato, infatti, il prodotto Vergnano viene proposto come lalternativa alle capsule Nespresso (LAlternativa cÈ, accostata alla dicitura le capsule sono compatibili con te macchine da caffè Nespresso) e, dallaltro, la descrizione del pregi del caffè Vergnano (È italiano, È buono, È al supermercatoÈ sotto casa, È ecocompatibile) posti sempre in collegamento con la frase le capsule sono compatibili con le macchine da caffè Nespresso, si risolve in una indebita pubblicità comparativa che veicola il messaggio che il prodotto Nespresso non è altrettanto buono, non è Italiano, non è facilmente reperibile e non è ecocompatibile.
II. C.C.V. s.p.a. si è difesa prospettando in primo luogo la nullità dei brevetti azionati (derivanti da domande divisionali di altre domande divisionali, a loro volta derivanti da altre domande divisionali) e comunque lassenza di contraffazione. Per quanto riguarda la contraffazione, la resistente ha sostenuto che; non vi è prova che le macchine Nespresso attuino gli insegnamenti del brevetti azionali; le capsule per il caffè provviste di collarino sono note da anni ed in quanto tali non coperte da privativa; le macchine Nespresso (Essenza, Pixie, Citz e Lattisima sono state appositamente studiate e commercializzate da Nestlè per essere usate in ambito personale e domestico: il soggetto che attua il procedimento di estrazione coperto dalle privative Nestlè (utilizzando le macchine Nestlè la cui immissione sui mercato determina inoltre, sempre secondo la prospettazione, lesaurimento dei diritto) è il consumatore privato con la conseguenza che la predisposizione della capsula in sé, quandanche fosse astrattamente destinata ad un sistema di estrazione coperto da privativa, non costituisce contraffazione ex art. 68, lett. a) c.p.i.; le capsule Vergnano sono destinate ad essere utilizzate anche in macchine diverse da quelle Nestlè. Per quanto concerne il marchio, C.C.V. s.p.a. ha fatto presente che si tratta di marchi diversi Nespresso e espresso 1882, entrambi debolissimi nella parte in cui riprendono la parola generica ed evocativa espresso, liberamente utilizzabile e non appropriabile da chiunque, come del resto risulta guardando gli scaffali dei caffè in tutti i supermercati) e non confondibili anche in ragione del fatto che il prodotto viene distribuito tramite canali profondamente differenti (grande distribuzione per Espresso 1882 e Boutique monomarca per espresso). Ha poi contestato che luso del marchio Nespresso nella dicitura Le capsule sono compatibili con le macchine da caffè Nespresso abbia travalicato il limiti di cui allart. 21 c.p.i., trattandosi di un uso descrittivo, necessario per spiegare al pubblico la destinazione del prodotto e con laggiunta della frase Il marchio non è di proprietà di Casa dei Caffè Vergnano s.p.a. né di aziende ad essa collegate. C.C.V. s.p.a. ha infine contestato la sussistenza della concorrenza sleale e della indebita pubblicità comparativa lamentate dalle ricorrenti. In particolare, ha fatto presente che la dicitura Lalternativa cÈ, non riguarda le capsule Nespresso (che è una realtà di nicchia, commercializzata In negozi monomarca) ma, in generate, il mercato del monodose e significa solo che anche Vergnano vi è entrata. Anche le diciture È italiano, È buono, È al supermercato, È sotto casa, È ecocompatibile, non costituiscono fattispecie illecite perché, da un lato, è innegabile che le capsule Vergano siano italiane e si trovino sottocasa (vista la distribuzione capillare di questo prodotto) e, dallaltro, le altre definizioni utilizzate a titolo pubblicitario non hanno intento denigratorio o appropriativo di pregi altrui.
III. Con ordinanza 13.5.2012 il GD ha ritenuto di non dover affrontare la questione della validità dei brevetti Nestlè sussistendo elementi per escludere evidenza della Interferenza tra le privative di NESTEC e la produzione e commercializzazione, da parte di VERGNANO, di capsule per macchine espresso destinate alluso domestico. Il GD, dopo aver osservato che era sufficientemente dimostrato che le macchine Nestlè Incorporavano gli insegnamenti dei brevetti, ha escluso la contraffazione in quanto (oltre al fatto che nessuna delle privative protegge direttamente la capsula) da un esame sommario del titoli non appare neppure evidente che la forma (non protetta) della capsula sia inerente al contenuto proprio della privativa. Infatti, sia in EP 629 che in EP 236 si afferma che Le capsule che possono essere sottoposte ad estrazione con il dispositivo in conformità allinvenzione sono di ogni tipo e anche in EP 133 la forma della capsula, purché dotata di bordo anulare, non sembra decisiva nella attuazione dellinsegnamento brevettato. Il primo giudice ha altresì escluso la dedotta contraffazione del marchio NESPRESSO (denominazione originale che deriva dalla combinazione della lettera N evocativa dellazienda alla parola espresso) in quanto il marchio ESPRESSO 1882 di VERGNANO è privo di prefissi e, salvo lenfasi posta da un accento posto sulla prima lettera che non è graficamente comparabile alla forma della lettera N di cui si è detto, riproduce sia graficamente che foneticamente la sola parola ESPRESSO in associazione con un numero (che talvolta ha un impatto visivo veramente poco significativo rispetto alla parola cui è associato) che è a sua volta parte di altro marchio della ricorrente, ossia CAFFÈ VERGNANO 1882. Per quanto concerne la prospettata violazione dellart. 21 c.p.i., il primo giudice ha dato atto che nellindicare la compatibilità delle proprie capsule con le macchine Nespresso, Vergnano ha scelto di non riprodurre la versione figurativa del marchio NESPRESSO, di associarlo al segno ® che ne indica lo status di marchio registrato e ha inoltre evidenziato che le due aziende sono tra loro diverse e indipendenti, ma ha tuttavia osservato che ciò non evita il rischio di associazione e quindi di agganciamento. Infatti, linformazione più importante che deve essere data al consumatore quanto alla destinazione della capsula, è in definitiva quella che, sorprendentemente, è totalmente assente nella pubblicità e delle confezioni ideate da VERGNANO, con fa conseguenza che la pubblicità Vergnano è incompleta, crea un indebito agganciamento con il caffè Nestlè e si appropria degli effetti positivi delle altrui campagne pubblicitarie incentrate essenzialmente sul caffè. In relazione alle doglianze relative alla violazione delle regole della pubblicità cd. comparativa e alla concorrenza sleale, il G.D., esclusa la sussistenza di una comparazione esplicita, ha osservato che sia il divieto di agganciarsi parassitariamente allaltrui marchio sia il contenuto della comunicazione VERGNANO sono già stati ritenuti idonei a integrare una violazione dellart. 21 c.p.i., sicché non era rilevante verificare, ai fini cautelari, se sussistesse anche una autonoma violazione del decreto In questione. Ha infine escluso che il contenuto del messaggio pubblicitario della C.C.V. s.p.a. (È italiano, È buono, È al supermercato, È sotto casa, È ecocompatibile) sia oggettivamente screditante per Nespresso dato che i pregi rivendicati del caffè Vergnano non alludono a omologhe e contrapposte caratteristiche negative del prodotto altrui, quanto piuttosto alte qualità del prodotto reclamizzato ritenute, come tali, idonee a renderlo per questo appetibile al consumatore, e non perché privo di caratteristiche negative attribuite al prodotto concorrente. II GD ha pertanto inibito a C.C.V. s.p.a. di utilizzare il marchio Nespresso per pubblicizzare il caffè in capsule con le modalità di cui doc. n. 15 di parte ricorrente (con conseguente ordine di ritiro dal commercio di tutte le confezioni dei prodotto e del materiale pubblicitario riproducenti il marchio Nespresso in modo vietato e fissazione di penale di euro 1.000,00 a decorrere dal decimo giorno successivo alla comunicazione dellordinanza), ha autorizzato la descrizione di tutta la relativa documentazione commerciale, pubblicitaria e contabile ed ha disposto la pubblicazione del provvedimento, mentre ha respinto le domande cautelari formulate dalle società del Gruppo Nestlè relativamente agli altri profili lamentati.
IV. Avverso lordinanza 13.5.12, C.C.V. e le società del Gruppo Nestlé hanno proposto autonomi reclami, chiedendo la prima la revoca delle misure cautelari disposte dal primo giudice, il rigetto delle ulteriori istanze cautelari ex adverso formulate, il prolungamento del termine di decorrenza della penale d» ulteriori 10 giorni e la riduzione della penale e la seconda la conferma delle misure cautelari già concesse e lemanazione delle ulteriori misure di inibitoria, sequestro, descrizione e ancillari relativamente agli altri profili di illiceità già segnalati. Alludienza del 15.6,12, i reclami sono stati riuniti e, dopo la discussione, il Collegio si è riservato di decidere.
V. Il reclamo proposto da C.C.V. s.p.a. deve essere respinto, come richiesto dalle società N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a. Premesso che, come è noto, lart. 21 c.p.i. costituisce una deroga alla facoltà che la legge attribuisce al titolare di fare uso esclusivo del marchio e che, come tale, è una norma di carattere eccezionale soggetta a stretta Interpretazione il comma 1, lettera e) di tale articolo prevede che i diritti di marchio dimpresa registrato non permettono al titolare di vietare ai terzi luso nellattività economica del marchio di impresa, purché esso sia conforme ai princìpi della correttezza professionale se esso è necessario per indicare la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessorio o pezzo di ricambio: ciò significa, come ha messo in evidenza la giurisprudenza che si è occupata dellargomento, che la liceità delluso per esempio da parte del produttore di ricambi o di accessori del marchio del prodotto a cui tali pezzi sono destinati è subordinata alla doppia condizione che tale utilizzo sta necessario e che avvenga in conformità ai principi della correttezza professionale. Come osservato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 17 marzo 2005 emessa nel procedimento C-228\03, poi, luso del marchio altrui può essere ritenuto necessario quando questo uso è In pratica il solo mezzo per fornire una informazione completa e comprensibile sulla compatibilità del prodotto con quello recante detto marchio. Nel caso di specie, il gd ha ritenuto che lutilizzo del marchio Nespresso per indicare la compatibilità delle capsule Vergnano con le macchine da caffè delle ricorrenti era necessario ed il Collegio concorda con il primo giudice anche quando rileva che la totale omessa indicazione del nome delle macchine, non solo fornisce una informazione incompleta (e in qualche misura ingannevole per il consumatore posto che, come è pacifico in atti vi sono in commercio, sia pure per uso aziendale, altre macchine Nespresso funzionanti con altro tipo di capsule o cialde) ma si traduce in un agganciamento al prodotto Nespresso, così violando anche la regola generale della conformità alla correttezza professionale. Il riferimento alla compatibilità delle capsule Vergnano con le macchine da caffè Nespresso, genericamente richiamate e senza ulteriori specificazioni circa la marca delle stesse, infatti, è solo apparentemente rispettoso del disposto dellart. 21 c.p.i., perché, lasciando in ombra lutensile cui le capsule sono destinate, di fatto si traduce in un richiamo indebito al caffè e al marchio; Nespresso della concorrente. Linformazione infatti è da un lato parzialmente errata perché troppo generale e dallaltro non corretta perché enfatizza eccessivamente il richiamo evocativo al segno Nespresso: il tutto con effetto di agganciamento e contro ogni regola di correttezza e lealtà commerciale. Anche le altre doglianze di C.C.V. s.p.a. devono essere respinte. Infatti, non essendo stata sospesa lefficacia esecutiva dellordinanza reclamata, il prolungamento del termine di ulteriori 10 giorni per la decorrenza della penale è ormai trascorso e del resto Vergnano, per quanto risulta dagli atti, ha provveduto alla modifica della dizione vietata sostituendola con la frase le Capsule sono compatibili con le macchine Espresso 1882 Polti e con le macchine Citiz, Pixie, Essenza e Lattissima ad uso domestico a marchio Nespresso. Quanto allimporto della penale fissato dai GD, ritiene il Collegio che lo stesso sia dei tutto congrue alla fattispecie concreta in considerazione del fatto che il claim illegittimo era apposto non solo sulle confezioni Vergnano, ma era usato per una vasta campagna stampa, anche su giornali, sito web e cartellonistica varia di imponenti dimensioni.
VI. Anche il reclamo proposto dalle società N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a. deve essere respinto per i motivi di seguito esposti. Per quanto riguarda la prospettata violazione dei brevetti EP 629, EP 236 ed EP 133, le reclamanti lamentano che Vergnano pubblicizzi e commercializzi una capsula con collarino avente una conformazione tale da poter essere impiegata nelle macchine da Caffè Nespresso di cui al precedente punto V, attività che costituirebbe contraffazione diretta delle rivendicazioni 13 di EP 629 e 14 di EP 133 e contraffazione indiretta di tutte tre le privative. Ora, è pacifico in atti che le privative Nestec non riguardano la capsula con collarino in sé (già nota da anni e non protetta in quanto tale da alcuna privativa) ma, rispettivamente, lestrazione di una capsula, un dispositivo per sottoporre ad estrazione una capsula e un gruppo di infusione di bevande e di conseguenza lattività di Vergnano s.p.a, non risulta costituire contraffazione diretta dei titoli qui azionati. Si deve inoltre escludere che la pubblicizzazione della capsula Vergnano costituisca di per sé contraffazione diretta come sostengono N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a. se, come nel caso, il prodotto in sé non è contraffattivo e se, come si dirà di seguito, non emergono i presupposti per configurare la contraffazione indiretta. Prima di esaminare tale questione, il Collegio ritiene opportuno dissipare una certa confusione di concetti giuridici che sono stati cumulativamente proposti alfa sua attenzione: invenzione di combinazione, contraffazione indiretta e contributory infringement sono infatti nozioni distinte, da tenere accuratamente separate. Il contributory infringement (ossia concausa o induzione alla contraffazione) riguarda il caso in cui un soggetto pone in essere un materiale e consapevole contributo alla realizzazione da parte di un altro di un atto contraffattivo. In sostanza, per adottare una terminologia penalistica, concerne unipotesi di concorso di persone nellillecito. È quindi evidente che nella fattispecie listituto non è configurabile. In primo luogo infatti non vi è contraffazione dirette da parte di alcuno; in secondo luogo, in ogni caso, latto contraffattivo sarebbe realizzato da privati consumatori dopo lacquisto detta macchina e quindi potrebbero entrare in gioco anche gli artt. 5 e 68 comma I lett. a, cpi. Si parla anche di invenzioni di combinazione definibili come quelle che realizzano un risultato nuovo ed originale tramite il coordinamento nuovo ed originale di elementi e mezzi già conosciuti (cioè apportano uno specifico vantaggio che non deriva dalla sommatoria degli effetti già conosciuti). Nelle invenzioni di combinazione lo sforzo inventivo consiste nel cogliere in una pluralità di elementi o mezzi diversi, in tutto o in parte già noti, un principio che consenta di ottenere un risultato nuovo con una combinazione originale, mentre è irrilevante che le idee di base siano già conosciute ove si accerti che la somma di tali idee non è alla portata di qualsiasi tecnico (Cosi Cass. 30.7.2010 n. 17907; cfr anche App. Milano 17.9.2005)] e le parti reclamanti, richiamato tale concetto, sottolineano che lesame dei brevetti di cui è causa conferma con tutta evidenza che la capsula è un elemento essenziale al funzionamento di EP 629, EP 236 ed EP 133, che la capsula dotata di bordo di guida a forma di collarino è elemento assolutamente essenziale e che in assenza di una capsula munita di collarino, il sistema brevettato non può funzionare. Si tratta quindi di valutare se i tre brevetti qui azionati, per funzionare, richiedono una capsula fatta in un certo modo o meglio, se le privative in esame proteggono (indirettamente) una capsula con collarino o bordo di guida fatti in un certo modo. La risposta, ad avviso del Collegio, è negativa perché dal tenore dei titoli non si ricava che la forma della capsula munita di collarino e le caratteristiche di questo elemento siano decisive ai fini dellattuazione delle invenzioni protette dal brevetti N.: se così fosse, infatti, cioè se i brevetti proteggessero anche una capsula fatta in un certo modo, questa dovrebbe essere compiutamente descritta nei titoli soprattutto (o quanto meno) con riferimento alle sue caratteristiche specifiche (quali, per esempio, tra le altre, lampiezza, la configurazione e la dimensione del collarino), strategiche, secondo la tesi, per il funzionamento del dei trovati. Ed invece, nelle privative, la capsula munita di collarino non viene mai descritta e le sue peculiarità rimangono un concetto del tutto indefinito, privo di determinatezza, sia nelle rivendicazioni che nella descrizione[Nella descrizione di EP 629 si legge infatti che la presente invenzione si riferisce ad un procedimento di estrazione di una capsula in un dispositivo di estrazione secondo la rivendicazione l. Linvenzione riguarda altresì lutilizzo di una capsula secondo la rivendicazione l3. Le capsule che possono essere sottoposte ad estrazione con il dispositivo in conformità dellinvenzione sono di ogni tipo.... Nella rivendicazione 1, si fa riferimento alla capsula comprendendo un bordo di guida sotto forma di collarino e la rivendicazione 13 si riferisce allutilizzo di una capsula comprendente un bordo di guida sotto forma di collarino, capsula e collarino ancora una volta non meglio precisati e senza indicazione di qualunque caratteristica. Anche nella descrizione di EP 236 si legge che le capsule che possono essere sottoposte ad estrazione con dispositivo in conformità dellinvenzione sono di ogni tipo... In un modo preferito, la capsula è assimetrica e comprende un bordo di guida non ulteriormente specificato, così come capsula e bordo di guida non sono descritti nella rivendicazione 1 ed in quelle successive. Analogamente, anche il funzionamento di EP 133 concerne una capsula di ingredienti avente un bordo anulare, senza ulteriori dettagli.]. Daltra parte, come documentato da C.C.V. s.p.a., è stata la stessa N. a sostenere, nellambito di un recente procedimento allestero, che la forma delle capsule Nespresso non è tecnicamente necessaria. Il terzo Istituto che viene in considerazione è la cd Contraffazione Indiretta (indirect infringement). La contraffazione indiretta, infatti, che non è prevista positivamente nella nostra legge, è stata ricostruita in dottrina ed in giurisprudenza sulla base dellart. 85 della legge invenzioni prima e dellart. 124 c.p.i. poi, in quanto da tali norme si ricava che lesclusiva brevettuale comprende e riserva al titolare della privativa anche la predisposizione e la fornitura dei mezzi che sono univocamente destinati allattuazione dellinvenzione. Già sotto il vigore dellart. 85 cit. (che pure non indicava lespressione univocamente presente invece nellart 124), la giurisprudenza di legittimità aveva statuito che costituisce contraffazione del brevetto per invenzione industriale la fabbricazione e il commercio di parti detta macchina brevettata, anche se non brevettabili o cadute in pubblico dominio, se la fabbricazione e lo smercio sono fatti con rifermento alla macchina brevettata e se dette parti sono destinate univocamente ad essere usate in contraffazione del brevetto (così Cass., 1956 n. 3387). Il punto è ben trattato nellordinanza reclamata [Cfr. pag. 8 ordinanza reclamata: Come è noto la dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato, nel tempo, concetti di contraffazione più sofisticati rispetto al concetto-base di contraffazione letterale essendo sorta in concreto lesigenza di assicurare al titolare del brevetto una effettiva protezione rispetto alle forme di appropriazione diverse dalla pedissequa e appunto letterale riproduzione delle soluzioni tecniche protette. Sono stati cosi enucleati i concetti di contraffazione per equivalenti e di contraffazione indiretta che è quello che qui rileva. È stato in proposito affermato che costituisce contraffazione del brevetto per invenzione industriale il produrre e commercializzare anche solo componenti di un macchinario brevettato se queste sono destinate univocamente a far parte di questo macchinario. Con la precisazione che ... per aversi contraffazione in siffatte ipotesi occorre che le componenti del macchinario riprodotte e commercializzate siano appunto quelle in cui essenzialmente si esplica la valenza inventiva di quanto brevettato (così Cass. Sez. I, 19 ottobre 2006, n. 22495). Quindi compie atti di contraffazione anche chi si limita a produrre un solo componente di un più complesso dispositivo brevettato a condizione, però, che ne risulti inequivoca la destinazione (nel senso che il suo impiego coincida necessariamente con linfrazione della privativa) così che per aversi contraffazione indiretta è necessario che la riproduzione cada sugli elementi che realizzano linsegnamento brevettato. Non sembra però potersi ulteriormente ampliare il concetto di contraffazione indiretta perché altrimenti si giungerebbe alla conseguenza (paradossale) di ritenere in contraffazione anche il produttore e fornitore di elementi assolutamente banali di comune utilizzo (quali le viti o altre comunissime componenti meccaniche) attribuendo così al brevetto una portata ben più ampia di quella che è ricavabile dal suo contenuto (si richiamano in proposito le regole interpretative di cui allart. 52 c.p.i. oltre che il protocollo interpretativo detlart 68 C.B.E. secondo cui la protezione conferita da un brevetto europeo non dovrebbe essere definita in base al (mero) significato letterale delle parole usate nelle rivendicazioni, descrizione e disegni, ma neppure dovrebbe essere interpretato nei senso che le rivendicazioni rappresentano dette (mere) linee guida, perché questo porterebbe ad estendere la portata della protezione anche ad aspetti non realmente contemplati dal titolare del brevetto).] e argomentato sulla base di una importante sentenza della Corte di Cassazione e sullopinione di autorevole dottrina che, come è noto, ravvisa lattività contraffattiva nella vendita di pezzi staccati e di elementi di ricambio in sé non coperti da brevetto, ma destinati ad operare allinterno di una struttura brevettata o nellambito di un procedimento brevettato. Tuttavia nella fattispecie, come sopra annotato anche ai fini dei tema dellinvenzione di combinazione, la capsula non è assolutamente descritta e determinata nei suoi elementi essenziali (dimensioni, forma) se non nella caratteristica della presenza del collarino (anchesso, come si è detto, dei tutto indeterminato per forma e dimensioni). In proposito deve essere anche sottolineato che come puntualmente chiesto e chiarito in sede di discussione orale del 15.6.12 le caratteristiche delle capsule debbono essere determinate alla stregua dei titoli di proprietà Industriale (ossia dei brevetti) che si assumono contraffatti e non delle macchine Nespresso che ne sarebbero attuazione [La corrispondenza delle macchine Nespresso ai brevetti oggetto di causa è contestata, peraltro genericamente ex art. 115 c.p.c da V. s.p.a.)]. Ora, se la contraffazione (ancorché indiretta) deve essere dimostrata sulla base dei brevetti e non delle macchine, le considerazioni già esposte rendono evidente che la totale indeterminazione delle caratteristiche delle capsule In tutte tre le privative qui azionate impedisce di ritenere che le capsule commercializzate da Vergnano siano univocamente dirette a realizzare la contraffazione indiretta di EP 2181629 81, EP 2103236 Bl ed EP 2205133 B1 riproducendone un elemento non coperto dal brevetto e che nel brevetto non è adeguatamente descritto e individuato con cui i vari dispositivi rivendicati sono chiamati ad interagire. Peraltro sotto altro profilo il concetto di univoca destinazione non coincide con quello di prevalente destinazione e, nel caso, le capsule Vergnano, come era già stato dedotto nella prima fase e come ora risulta positivamente dalla nuova informativa delta resistente adottata in ottemperanza al provvedimento reclamato, sono destinate anche a macchine da caffè diverse da quelle delle società del Gruppo Nestlè [In particolare risulta che le capsule Vergnano sono utilizzabili anche sulle macchine Polti]. Daltra parte, poiché come sopra ricordato è del tutto irrilevante ai fini della tutela brevettuale la conformazione delle capsule e delle macchine Nespresso, è altresì irrilevante che la capsula Vergnano sia uguale alla capsula Nespresso: è questultima infatti a costituire una variabile Indipendente dal brevetti N. che, al più, presuppongono linterazione con qualsiasi capsula dotata di collarino. Viene quindi a mancare, anche in questa prospettiva, il requisito oggettivo dell univoca destinazione. Per quanto concerne i marchi, N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a. rilevano che Vergnano usa il termine Espresso in funzione distintiva (cioè senza 1882 o con questa data scritta piccolissima) e lamentano linterferenza con il proprio marchio Nespresso. Come ha esattamente osservato il GO, però, i marchi a confronto sono formati da una parola descrittiva di uso comune (espresso), mentre si diversificano completamente nella parte non descrittiva: di conseguenza, poiché la è non è equiparabile alla parte non appropriabie del segno delle reclamanti, cioè la N di Nespresso e non costituisce (come questultima lettera) un prefisso della parola espresso si deve escludere ogni possibile rischio di confusione. Daltra parte, dato che per lo meno In Italia tutti i produttori di caffè fanno largo uso della parola espresso, quando il consumatore vede le confezioni o la pubblicità di Vergnano contrassegnate dalla parola Èspresso anche senza 1882 non istituisce un collegamento con il marchio Nespresso ma, genericamente, con un tipo di caffè. In questa sede, le reclamanti insistono soprattutto sulla fattispecie di cui alla lettera e) dellart. 20 c.p.i. tuttavia anche questa prospettazione non risulta accoglibile e ciò per la preclusiva considerazione che non può comunque considerarsi effettuato senza giusto motivo lutilizzo del termine espresso per commercializzare delle capsule per la preparazione di caffè espresso. Con riferimento alla pubblicità comparativa e allart. 2S98 c.c. non ritiene il Collegio che i messaggi pubblicitari di Vergnano LAlternativa cÈ, È Italiano, È buono, È al supermercato, È sotto casa, È ecocompatibile sia pure considerati con la frase già censurata dal primo giudice le capsule sono compatibili con le macchine da caffè Nespresso integrino una pubblicità comparativa indebita al sensi del d. lgs. 2007 n. 145. Secondo la prospettazione delle reclamanti, nella fattispecie lidentificazione del concorrente con i cui prodotti verrebbe istituita la comparazione sarebbe implicita ma agevole alla luce della notorietà dei messaggi pubblicitari di Nespresso e del link costituito dal richiamo, anche solo in funzione descrittiva, del marchio (con la rivendicazione di compatibilità). Ora, seppure è vero che lart. 2, lettera di d) del d. lgs. 2007 n. 145 definisce pubblicità comparativa qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente, tuttavia sembra al Collegio che Vergnano si sia limitata ad esaltare tutta una serie di caratteristiche oggettive o positive del proprio prodotto in modo persuasivo (ma ciò è insito in ogni forma di pubblicità) che non possono per ciò solo screditare il marchio del concorrente. Il messaggio comparativo implicito che N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a. vorrebbero cogliere nella pubblicità di Vergnano implica una serie troppo articolata di passaggi inespressi e sottointesi per pervenire alla manifestazione di un messaggio atto a denigrare le reclamanti tanto nel contenuto oggettivo quanto in quello soggettivo. Quanto alla fattispecie di cui alla lettera g) dellart. 4 del decreto legislativo citato ed alla concorrenza sleale per lutilizzo della frase Le capsule sono compatibili con le macchine da caffè Nespresso, il Collegio concorda con il GD quando osserva la suddetta frase è già stata censurata e sanzionata sub art. 21 c.p.i. per violazione del divieto di agganciarsi indebitamente alla notorietà dellaltrui marchio e che di conseguenza, in questa sede cautelare ed ai fini del provvedimento richiesti, risulta assorbita la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti.
VI. Attesa la reciproca soccombenza, le spese del procedimento devono essere dichiarate integralmente compensate.
P.Q.M.
Rigetta il reclamo avverso lordinanza 13.5.12 proposto da C.C.V. s.p.a.;
rigetta il reclamo avverso lordinanza 13.5.12 proposto da N. s.a., N.I. s.p.a. e S.P.N. s.a.;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente procedimento.
Così deciso dalla sezione IX civile del Tribunale di Torino, nella camera di consiglio del 15.6.2012.