Fatto
Svolgimento del processo
Con sentenza 20.03/15.11.01 il giudice di pace di Venezia accoglieva la opposizione proposta da A.S. avverso ordinanza ingiunzione emessa dal direttore del settore della polizia municipale del Comune di Venezia che le irrogava sanzione pecuniaria amministrativa per violazione dell'art. 14 dlgs 114/98 "perché non provvedeva ad indicare in modo chiaro e ben leggibile all'interno il prezzo di vendita al pubblico dei prodotti esposti in vetrina".
Ricorre, con atto notificato il 19.11.01 alla S.A., che si era, dinanzi al giudice di pace, difesa in proprio, il Sindaco di Venezia; resiste la S., con atto qualificato controricorso ma costituente ricorso incidentale, notificato il 28.12.01.
Diritto
Motivi della decisione
Dispone l'art.14.1 dlgs 114/98 che "1. I prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell'esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, debbono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l'uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo". Con un provvedimento che la sentenza qualifica "disposizione amministrativa n.3467/c del 28.05.99" ed il Comune ricorrente "circolare prot. 530464 del 28.05.99" il Ministro dell'Industria, commercio ed artigianato ha ritenuto che "considerate le esigenze di prevenzione della criminalità, particolarmente necessarie nel caso di prodotti d'arte e di antiquariato, nonché di oreficeria, possa ritenersi rispettato l'obbligo di pubblicità del prezzo mediante modalità idonee allo scopo, anche tramite l'utilizzo sul singolo prodotto di un cartellino visibile dall'esercizio e non dall'esterno".
Sulla legittimità della deroga che il decreto ministeriale consente non v'è questione e, pur essendo condivisibili i dubbi che il P.M. ha espresso, in proposito, in udienza, si deve ribadire che il tema della decisione non investe tale profilo (conformità alla legge di cartellini prezzi visibili solo dall'interno del locale), riducendosi il contrasto tra le parti al dubbio se la collocazione del cartellino sotto l'oggetto esposto - e quindi visibile solo a chi, nell'interno del locale, lo sollevi- sia idonea a realizzare quella corretta informazione del consumatore che il decreto legislativo persegue.
Il Giudice di Pace ha ritenuto che non sussistessero prove sufficienti della responsabilità dell'opponente: cioè, che non fosse 'sufficientemente' integrato l'elemento materiale richiesto dall'art. 3 della l.s. 689/81.
Sostiene invece il Comune ricorrente che la modalità di applicazione del cartellino non soddisfa lo scopo della norma perché la ratio della disposizione va ricercata nell'esigenza di consentire al cliente di valutare liberamente, senza l'interferenza di alcuno -e quindi senza dovere chiedere al venditore e senza dover toccare l'oggetto- la convenienza della offerta.
Sostiene la resistente che la modalità impiegata (cartellino sotto l'oggetto) soddisfa invece le finalità della legge e che quindi non solo deve essere corretta la sentenza, dichiarando che il fatto non sussiste, ma devono altresì essere poste a carico del Comune le spese del giudizio di primo grado - che il Giudice di Pace aveva ritenuto di non liquidare, ovverosia di compensare integralmente.
Tanto premesso, il primo motivo del ricorso incidentale va rigettato, per difetto di interesse. La S., vittoriosa nel giudizio di merito che ha accolto la sua opposizione all'ordinanza ingiunzione, chiede che - fermo l'accoglimento dell'opposizione- venga enunciato un diverso motivo (insussistenza della violazione, anziché insufficienza di prove) ma tale modifica della motivazione non è giustificata da alcuna maggiore utilità giuridica, dal momento che l'effetto giuridico dell'accoglimento (annullamento dell'ordinanza ingiunzione) è identico quale che sia la ragione giuridica che lo giustifica. In conseguenza, rimane assorbita la censura relativo alle spese, che trova il proprio presupposto nell'accoglimento del primo motivo.
Il ricorso principale è, invece, fondato. Il principio che la normativa richiamata ha inteso affermare è quello della visibilità dei prezzi degli oggetti esposti. Per quanto possa, tale requisito, venir mitigato, non potrà mai risolversi nel proprio contrario, ovverosia nell'occultamento. E, quando il prezzo è posto sotto l'oggetto è, secondo la normale accezione, nascosto; nel caso, dall'oggetto. La apposizione sotto l'oggetto consente, una volta scoperto il cartellino, quell'immediata riferibilità del prezzo all'oggetto che altre modalità non consentono, ma non si può certo affermare che in tal modo il prezzo è esposto, palese, visibile, manifesto, né si rinviene una ragione per presumere che la collocazione sotto l'oggetto costituisca modalità che il pubblico è tenuto a conoscere, perché comunemente o localmente praticata.
L'accoglimento del ricorso principale e la conseguente cassazione della sentenza impugnata non comportano il rinvio al giudice di pace perché, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte può, ai sensi dell'art. 384 cpc, decidere nel merito, rigettando la opposizione della S. alla ordinanza ingiunzione va rigettata.
Non luogo a provvedere sulle spese del giudizio di merito, perché il Comune, rappresentato da un funzionario, non ebbe a documentare spese vive; vanno invece poste a carico della S., soccombente, le spese del giudizio di legittimità.
PQM
P.Q.M.
riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta l'incidentale e, giudicando nel merito, respinge l'opposizione, condannando la S. alle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi €. 500,00 di cui €. 100,00 per spese, oltre alle spese generali ed accessori legge.