REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano - Presidente -
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Consigliere - Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -
Dott. CRISCUOLO Mauro - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28026-2011 proposto da:
MIRANDA SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI N 8, presso lo studio dell'avvocato ANGELO CARBONE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato CATERINA MIRANDA in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
FORD ITALIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL CORSO n. 4, presso lo studio dell'avvocato MASSIMO MANFREDONIA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
D.R.S.;
- intimato -
avverso la sentenza n. 3480/2010 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/05/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
L udito l'Avvocato Caterina Miranda per la ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Cassazione Civile
COMPETENZA E GIURISDIZIONE CIVILE
Regolamento di competenza
PROCEDIMENTO CIVILE
Ricorso per cassazione
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 18/6/2001, D.R.S. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la Gruppo Miranda S.p.A. (poi divenuta Miranda S.p.A.) e la Ford Italia S.p.A., deducendo di avere acquistato in data 21/1/2001 presso la Gruppo Miranda, l'autovettura Ford Fiesta Zetec targata (OMISSIS) per il prezzo di Lire 20.960.000, in parte versati in contanti ed in parte mediante un finanziamento.
Aggiungeva altresì che l'autovettura, una volta messa in circolazione, aveva subito evidenziato una serie di difetti, come la mancata tenuta di strada, la rumorosità e la poca maneggevolezza dello sterzo, cosicchè con missiva del 16/2/2001 aveva denunziato i vizi alla società venditrice la quale aveva sottoposto a verifica la vettura, senza che però i vizi fossero stati eliminati.
Pertanto chiedeva dichiarare la risoluzione del contratto di acquisto con la condanna dei convenuti in solido alla restituzione del prezzo pagato, oltre interessi e rivalutazione.
La società venditrice nel costituirsi in giudizio spiegava domanda di manleva nei confronti della Ford Italia S.p.A., quale società fornitrice del veicolo per l'ipotesi in cui fosse stata accolta la domanda dell'attore, la cui fondatezza in ogni caso contestava nel merito.
La Ford Italia S.p.A. a sua volta eccepiva l'incompetenza territoriale del Tribunale adito, deducendo di essere estranea al rapporto commerciale intercorso fra l'attore e la concessionaria, così che il primo non aveva azione diretta nei suoi confronti. Inoltre il D.R. aveva fondato le sue pretese unicamente sul contratto, dovendosi pertanto escludere una responsabilità extracontrattuale della fornitrice mentre, quanto ai rapporti con la Gruppo Miranda, riteneva sussistere la competenza del Tribunale di Roma ai sensi dell'art. 20 c.p.c. nonchè in ragione di una clausola di deroga della competenza contenuta nel contratto di concessione di vendita.
All'esito dell'istruttoria, consistita nell'assunzione della prova testimoniale e nell'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale con la sentenza n. 10009 del 14/10/2005 accoglieva la domanda dell'attore nei confronti della Gruppo Miranda S.p.A., dichiarando risolto il contratto di compravendita e condannando la convenuta alla restituzione della somma versata a titolo di corrispettivo oltre interessi legali. Inoltre accoglieva la domanda di garanzia proposta dalla Gruppo Miranda nei confronti della Ford Italia S.p.A., condannando per l'effetto quest'ultima a tenere indenne ed a pagare alla prima tutte le somme al cui pagamento era obbligata nei confronti dell'attore.
Avverso tale sentenza proponeva appello la Ford Italia chiedendo con il primo motivo di gravame la declaratoria di incompetenza del Tribunale di Napoli, reiterando nel merito la richiesta di rigetto delle domande proposte nei suoi confronti, con la conseguente condanna della società appellata alla restituzione della somma versata in esecuzione della sentenza di primo grado.
Si costituiva la Gruppo Miranda che a sua volta proponeva appello incidentale finalizzato ad ottenere la riforma della pronuncia impugnata, laddove era stata accolta la domanda del compratore finale.
Si costituiva D.R.S. che chiedeva il rigetto di tutte le impugnazioni proposte.
La Corte di Appello di Napoli con la sentenza n. 3480 del 22/10/2010, in parziale riforma della decisione del giudice di primo grado, dichiarava l'incompetenza del Tribunale di Napoli a conoscere della domanda di manleva proposta dalla Gruppo Miranda nei confronti della Ford Italia S.p.A., ritenendo essere invece competente il Tribunale di Roma; dichiarava assorbiti gli altri motivi dell'appello principale ed inammissibile l'appello incidentale proposto dalla Gruppo Miranda nei confronti del D.R.; compensava le spese tra le due società ma condannava la Gruppo Miranda a restituire alla Ford Italia S.p.A. le somme da quest'ultima corrisposte ai sensi dell'art. 283 c.p.c. Per la cassazione di tale sentenza, la Miranda S.p.A. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi.
Ford Italia S.p.A. ha resistito con controricorso.
D.R.S. non ha svolto difese in questa fase.
Con ordinanza interlocutoria, veniva disposta l'acquisizione del fascicolo di ufficio, al fine di verificare la tempestività del ricorso, inteso quale regolamento di competenza, in relazione alla data di comunicazione della sentenza impugnata.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione delle norme in materia di competenza a decidere sulla domanda di garanzia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 2.
Il motivo risulta sua volta articolato in tre diversi profili.
Con il primo si denunzia la violazione e falsa applicazione della normativa comunitaria applicabile alle fattispecie di vendite a catena, ed in particolare la violazione del D.P.R. n. 224 del 1988, in quanto tale disciplina, attuativa in Italia della Direttiva CEE 85/374, nella prospettiva di ampliamento della tutela dell'acquirente finale ha previsto la possibilità di evocare in giudizio direttamente il produttore, legittimando in tal modo la partecipazione al giudizio, anche in sede di domanda di garanzia, della controricorrente.
Nel secondo profilo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 33 c.p.c. in quanto si imputa alla Corte distrettuale di non aver preso in considerazione la circostanza che l'evocazione in giudizio di Ford Italia era avvenuta da parte dello stesso attore. Sebbene la domanda di quest'ultimo fosse stata poi rigettata, attesa l'assenza di un rapporto contrattuale diretto con la Ford, in ogni caso esisteva un rapporto di connessione ex art. 33 c.p.c. che aveva dato vita ad un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo da connessione propria, idonea a determinare lo spostamento della competenza territoriale, e l'attrazione di tutte le controversie nel foro di uno dei convenuti.
Con il terzo profilo si denunzia più specificamente la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 38 e 106 c.p.c. assumendosi che erroneamente i giudici di appello avrebbero qualificato la domanda di garanzia proposta dalla ricorrente quale ipotesi di cosiddetta garanzia impropria, come tale inidonea a giustificare l'applicazione della regola di cui all'art. 32 c.p.c. Si sostiene che la fattispecie delle cosiddette vendite a catena, così come correttamente opinato dal Tribunale, debba essere sussunta nell'ambito delle ipotesi di garanzia propria, ciò anche alla luce del quadro normativo comunitario che ha rafforzato gli obblighi posti a carico della società produttrice dei beni compravenduti.
Peraltro, una più attenta considerazione delle affermazioni di principio contenute nella pronuncia di questa Corte (Cass. Sezioni Unite 26/7/2004 n. 13968) non potrebbe che portare all'ampliamento anche alla fattispecie in esame, delle ipotesi di garanzia propria, con la conseguente applicabilità dell'art. 32 c.p.c. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. nonchè dell'art. 6 CEDU. La soluzione alla quale è pervenuta la Corte napoletana imporrebbe al venditore finale, all'esito del processo intentato dal cliente, di dover separatamente agire nei confronti della società produttrice, senza poter opporre a quest'ultima l'avvenuto accertamento nel primo processo, dell'esistenza dei vizi della cosa venduta. Tale situazione comporterebbe un'enorme dilatazione dei tempi processuali in violazione del principio della ragionevole durata del processo così come costituzionalizzato a seguito della riforma dell'art. 111 Cost..
Inoltre, laddove nel giudizio intentato dal compratore finale siano svolti degli accertamenti di natura irripetibile, i risultati raggiunti non potrebbero essere opposti nel successivo giudizio intentato dal venditore finale nei confronti del precedente alienante, con una limitazione del diritto di difesa delle parti in causa.
Inoltre verrebbe a palesarsi una disparità di trattamento tra operatori commerciali del medesimo settore, in quanto il venditore finale dovrebbe sopportare da solo le responsabilità, i tempi ed i costi del processo intentato dall'acquirente, salvo poi, in caso di soccombenza, agire per il rimborso nei confronti del proprio venditore, e ciò nonostante la responsabilità sia essenzialmente addebitabile a quest'ultimo, con il concreto rischio, in considerazione dei tempi di definizione delle controversie civili, di dover essere sottoposto a rilevanti esborsi.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della direttiva 99/44/CE e della successiva normativa nazionale di recepimento (decreto legislativo n. 24 del 2002), nonchè l'insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5.
Si segnala che per effetto delle disposizioni comunitarie operanti nel settore automobilistico, il produttore è tenuto a rilasciare una garanzia di fabbrica in relazione alla quale il concessionario-venditore finale svolge un ruolo esclusivamente vicario, stante gli obblighi fondamentalmente posti a carico dello stesso produttore.
Nella fattispecie inoltre era stata fornita una garanzia aggiuntiva denominata "Lunga Protezione" che, come correttamente ritenuto da parte del giudice di primo grado, avvalorava la piena legittimazione passiva della Ford Italia nei confronti dell'azione proposta da parte dell'acquirente, circostanza questa che rafforza l'affermazione circa l'esistenza di una causa di garanzia propria tra le parti.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della convenzione di Bruxelles del 27/9/1968, resa esecutiva in Italia con la L. n. 804 del 1971, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
In base a tale normativa, che era stata di fatto applicata in via analogica da parte del giudice di primo grado, ed in particolare sulla scorta dell'articolo 6 della detta Convenzione, la figura della garanzia cosiddetta propria, che consente l'evocazione di un giudizio in un altro Stato contraente di un convenuto domiciliato nel territorio di altro Stato, sussiste non solo quando la causa principale e quella accessoria abbiano in comune lo stesso titolo, ma anche quando si verifichi una connessione oggettiva tra i diversi titoli delle rispettive domande, nel senso che l'uno sia concatenato all'altro.
Ne deriva che la sentenza impugnata oltre a disapplicare la predetta disciplina, sarebbe affetta altresì da vizio motivazionale in quanto non avrebbe in alcun modo argomentato circa l'estensibilità dei principi ricavabili dalla Convenzione alla fattispecie in esame.
2. Ad avviso della Corte, così come si rileva dalla lettura dei motivi di ricorso sopra riportati, il gravame investe la sentenza impugnata unicamente per quanto attiene alla dichiarazione di incompetenza pronunciata sulla domanda di garanzia proposta da parte dell'odierna ricorrente nei confronti della Ford Italia S.p.A., pronuncia di incompetenza adottata dalla Corte distrettuale sul presupposto dell'inapplicabilità alla fattispecie dell'art. 32, esulando la domanda di manleva proposta dalle ipotesi di garanzia propria che giustificano la deroga agli ordinari criteri di competenza per motivi di connessione.
Peraltro, come si rileva dalla lettura del provvedimento in questa sede impugnato, per effetto dell'accoglimento del motivo di gravame proposto da Ford Italia S.p.A., espressamente finalizzato a contestare la ravvisata competenza del Tribunale di Napoli a decidere anche sulla domanda di garanzia, gli ulteriori motivi di appello proposti da detta società, e riguardanti il merito della controversia, sono stati dichiarati assorbiti, essendosi la Corte distrettuale limitata unicamente ad ordinare all'odierna ricorrente la restituzione a Ford Italia delle somme da quest'ultima corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, dotata di immediata forza esecutiva.
La pronuncia ha altresì dichiarato inammissibile l'appello incidentale avanzato dalla Miranda nei confronti dell'originaria parte attrice ma, come si evince in maniera evidente dalla lettura del ricorso (pag. 3), l'impugnazione della ricorrente investe unicamente la declaratoria di incompetenza adottata dal giudice di appello, con la conseguente condanna alla restituzione delle somme da quest'ultima corrisposte in ragione dell'applicabilità dell'art. 283 c.p.c. Appare pertanto evidente che in considerazione del contenuto dell'impugnazione proposta, che come detto investe unicamente la statuizione relativa alla competenza - non avendo la parte ricorrente inteso contestare la correttezza della declaratoria di inammissibilità dell'appello incidentale - ai sensi dell'art. 43 c.p.c., la doglianza relativa alla erronea declaratoria di incompetenza andava fatta valere attraverso la proposizione del regolamento di competenza facoltativo e non mediante l'ordinario ricorso per cassazione, quale invece proposto dalla Miranda.
In tal senso e con riferimento alla doverosità del regolamento di competenza come mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze di appello che abbiano deciso sulla competenza si veda ex multis Cass. n. 12586/1999, che ha appunto affermato che le pronunce sulla sola competenza, pur se emesse in grado di appello e pur quando abbiano riformato per incompetenza la sentenza di primo grado riguardante anche il merito, sono impugnabili soltanto con il regolamento necessario di competenza, a norma dell'art. 42 c.p.c., il quale non distingue tra sentenza di primo e secondo grado e configura, quindi, il regolamento di competenza come mezzo d'impugnazione tipico per ottenere la statuizione definitiva sulla competenza.
Resta tuttavia salva la possibilità di conversione in istanza di regolamento di competenza, qualora risulti osservato il termine perentorio prescritto dall'art. 47 c.p.c., comma 2, tenendo conto che ai fini della decorrenza del termine per la proposizione del regolamento la notificazione della sentenza costituisce equipollente della comunicazione della sentenza stessa.
La natura facoltativa del regolamento di competenza che concerne l'ipotesi in cui la sentenza abbia deciso unitamente a questioni sulla competenza anche questioni sul merito, non permette però di ritenere che la parte possa alternativamente optare per il ricorso ordinario ovvero per il regolamento nel caso in cui, come appunto avvenuto nella fattispecie, le censure siano indirizzate unicamente nei confronti delle affermazioni del giudice di merito in punto di competenza e specificamente per quanto attiene all'individuazione del giudice competente a decidere sulla domanda di garanzia.
In tal senso si veda specificamente Cass. n. 22948/2007 a mente della quale quando il giudice di appello pronunci sentenza con la quale, in via pregiudiziale, risolva questioni inerenti l'ammissibilità dell'appello e, quindi, risolvendo una questione di competenza di cui pure sia stato investito con l'appello, dichiari che la competenza spettava ad un giudice diverso da quello che ha deciso in primo grado e rimetta le parti davanti al giudice dichiarato competente, la sentenza decide sul merito e sulla competenza. Ne consegue che, se la parte soccombente sia sulla questione di merito inerente l'ammissibilità dell'appello sia su quella di competenza intende impugnare entrambe le statuizioni, il mezzo esperibile è soltanto il ricorso per cassazione ordinario, con il quale la Corte di cassazione sarà investita ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 2 mentre se la parte intende impugnare solo la decisione sulla competenza e non quella che ha ritenuto ammissibile l'appello, il mezzo di impugnazione è il regolamento facoltativo di competenza (conf. Cass. n. 24285/2007; Cass. n. 5780/1983, che ribadisce che dalla qualificazione in termini di regolamento facoltativo di competenza, discende la dichiarazione di inammissibilità ove sia stato notificato oltre il termine di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza medesima).
Nella fattispecie come si rileva dalla attestazione di cancelleria inviata a questa Corte dall'Ufficio UNEP della Corte d'Appello di Napoli, la sentenza gravata è stata comunicata all'avv. Angelo Carbone, difensore in grado di appello della società ricorrente, presso il domicilio eletto in Napoli (e cioè presso lo studio avv. Giuseppe Abbamonte) in data 29/10/2010, con la conseguenza che il presente ricorso notificato in data 24 novembre 2011 si palesa come evidentemente tardivo avuto riguardo al termine di cui all'art. 47 c.p.c., n. 2 e va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Nulla a disporre quanto all'intimato che non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda Civ, il 3 maggio 2017. Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2017
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